La Nuova Complesso Camerata
Bestie
da Federigo Tozzi
per Gianluca Albertazzi, Oreste Braghieri, Francesca Pompeo, Bruno Collavo,
Enzo Toto, Bruno Venturi
In coproduzione con Teatro Stabile d'Innovazione La Fabbrica dell'Attore
Bestie è un libro di racconti e un bel 'libro di lettura'. Tozzi vi scrive di sé per raccontare di animali, e di animali per raccontare di sé. Puri pretesti per dire di un mal di vivere che era nelle cose, delle cose che erano nella vita e che ne esaurivano il giro: un colore, un profumo, un dolore: il proprio corpo che invecchiava, e la bestia come fatto fisiologico che raccoglieva tutto in stagioni. Dove sono più gli animali d'allora? E allora gli animali sono diventati stagioni e le stagioni organi del corpo umano, un colore, un suono, un sapore. Le stagioni ci hanno guidato tra quei racconti, tra quegli occhi d'animali che guardano un'infanzia e una giovinezza che si è fatta amara. L'allodola, il pesce rosso, il cuculo, raccontati di primavera, diventano il verde, il mattino presto, il vento, il fegato, il legno, il canto. . . Come mai? Lo sai tu? E come mai il senese di Tozzi è detto in parte da un emiliano? Perché noi siamo in parte emiliani. Lungo le nostre strade, oggi, le agenzie funebri tengono anche i fiori freschi, e i fiori freschi. . . Colore dolore. Animali tristezza. E così via. Uno struzzo a Pimentèl: Oreste non lo vede. Ad occhi chiusi.
Un uomo ad occhi chiusi sogna un'allodola. Ed è la donna, madre e fidanzata in due tempi distinti - mai le due cose assieme: Federigo perderà la madre a dodici anni, soffrendone per tutta la vita. Dicevamo, la primavera: come una giovinezza, con la campagna bella e le bestie sempre a margine, come i fiori. I fiori che nell'estate non sono più. Estate: la maturità, il padre, il fuoco, il cuore, la morte. L'autunno è la fine della morte e l'inizio, il respiro. Gli animali vengono meno: qualche rana, la pioggia. II respiro. Gli organi che sostituiscono gli animali. . . se poi è un organetto di Barberìa, fa niente, meglio quello che il cuore. L'autunno è bianco.
Poi l'uomo sogna ancora, con la madre lì, ancora viva, ed è con lei che cerca ancora il primo passo: ricominciare di nuovo. E' l'inverno: il nero, l'acqua: il racconto ultimo. Il ricordo della nascita.
Vedete Signori, oggi non piove, ma. . . se oggi ancora inizia il continuo nostro viaggio oggi, di nuovo, portiamo i fiori che abbiamo sognato come fosse - ed è - l'ultima intima cosa. La nostra casa è piccola, è persa Nel fazzoletto di terra ereditato. E' un bacio, lungo il fosso, trattenuto il respiro, il cuore, uno schiocco e le dita. . . Via, via! Il cielo è pieno di sole, le cassette senza uva. Si porta il ricordo nel secchio rosso della morte, la morte che non c'è ed è solo il fiore bianco, femminile, che è solo come il secchio rosso. Il colore è stato il dolore e non s'è visto. Pulirsi la faccia, pensare alla madre. E in alto non c'è, non c'è più niente. In alto c'è un cielo, chiuso in se stesso che si spegne un poco. E allora ci si ferma in frena e si guarda da quella parte. Fermo, e ridi e piangi. Ti pulisci.
La Nuova Complesso Camerata torna in teatro dopo seicentomila chilometri di macchina, circa quindici giri del mondo tutti giocati tra Sicilia e Sardegna, due grandi ìsole. Isola, Ghisola. Torna in teatro e decide di lavorare sull'attore e sulla musica. L 'attore come 'bestia complessa' e la musica come florilegio tirato fuori dalle proprie tasche, o dal portacassette della macchina. Lungo quelle strade deserte. A Carmelo Bene
[...] Sotto le vibranti note della musica di Gustav Mahler ed attraverso un incredibile gioco di ombre che si riflettono sul fondo bianco della scena, lo spettacolo si apre ad un universo di piccole, frastagliate memorie, ove la campagna, gli animali, i suoni della natura, le "stagioni dell'amore", si susseguono parallelamente ad un insostenibile "mal di vivere". (Gianluca Attanasio, Il Tempo)
Che misterioso, anomalo, lusinghiero e coinvolgente spettacolo è Bestie, lavoro meritevole d'un giudizio a cinque asterischi che La Nuova Complesso Camerata ha tratto dall'omonima raccolta di 68 micro¬racconti d'inizio Novecento di Federigo Tozzi [...] C'è un rito contadino (quel manto di terra al centro della scena) ma già schizoide (quei passi senz'anima) cui concorrono gli schemi binari di Oreste Braghieri alias Tozzi e di Francesca Pompeo ovvero la sagoma dell'amata campagnola Isola [...] Si resta stupefatti a sentire gli accenti, gli ardori, gli abbandoni, le leggerezze speculari di un dialogo continuamente infranto e rialimentato, uno scambio di pensieri col sostegno effusivo di Mahler, un sistema di stagioni e di elementi. La struttura messa a punto coralmente da La Nuova Complesso Camerata colpisce al cuore, educa con un autore impensato come Tozzi, concilia con gli alfabeti di due attori sensoriali (di che suggestione seria è capace Oreste Braghieri in grisaglia da uomo errabondo!), e fa capire che esiste davvero un nuovo teatro non mondano. (Rodolfo Di Giammarco, la Repubblica) |